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124 memorie inutili

rossore e della vergogna, a’ quali sentimenti hanno posto il nome di «pregiudizio».

Averei dovuto avere qualche timoroso sospetto di violenza e di sopraffazione girando solo per la cittá, perocché aveva briga con una persona il di cui coraggio consisteva nelle imboscate, come si vede da quanto ho sin ora ingenuamente narrato e dalla promulgazione del suo infamatorio viglietto.

Forse per una mia stupidezza non ho mai a’ giorni miei compreso che sia timore, e forse i pericoli a’ quali anche imprudentemente m’era esposto negli anni che fui nell’armata m’avevano avvezzato ancor piú a non comprenderlo.

Confesso una mia debolezza e stoltezza. Niente poté pormi in riguardo e niente poté spogliarmi da un vivo desiderio che tenni occulto ad ognuno, d’incontrarmi faccia a faccia col mio ragionatore e promulgatore di viglietti brutali. Girai il giorno e la notte solissimo, massime ne’ contorni del di lui casino nella contrada di San Moisé dove abitava, col sopra accennato condannabile desiderio. Conveniva ch’io appiccassi il fuoco al casino per farlo sbucare, come proverò; ma io non sono un incendiario.

Il dottor Andrea Comparetti, ora pubblico eruditissimo professore nella universitá di Padova, mostrò de’ stupori di trovarmi soletto la sera de’ diciotto di quel famoso gennaio ne’ vicoli piú oscuri e pericolosi. Volle farmi de’ riflessi prudenziali sulla mia circostanza, sulla mia incautela, e correggermi. Gli risposi delle risolute facezie che lo fecero partire ridendo.

Nomino senza ribrezzo delle persone onorate che possono fare testimonianza d’una mia bestiale azione, perché ognuno possa condannarla. Non vi sia chi creda ch’io vanti il mio desiderio e il mio girar solo in quel caso il giorno e la notte, per una prodezza. Io non fui giammai millantatore parabolano. L’azione proditoria del denigratore viglietto doveva anche farmi sospettare d’una imboscata. La mia non fu che un’umana cieca debolezza e insensatezza. So benissimo separare la temeritá dal coraggio.