Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 2, 1910 - BEIC 1838429.djvu/273

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lettera confutatoria 267

— O che energia! o che perle! o che ingegno sopranaturale! o che beatitudine! o che penna d’oro!

La miglior cosa ch’io legga nel vostro libro è la separazione che fate della pianta mirabile del governo armonizzato della nostra antica repubblica da certo numero d’alcuni individui, che oggidí presiedono a cotesto governo, guasti dalla corruttela del costume morale. Mi dispenserete dal dimostrarvi con chiarezza l’origine vera di cotesta corruttela, dalla quale in parte non andate esente nemmeno voi.

Vi prego a non farmi il torto di considerare ch’io voglia scrivere una confutazione sull’intera gran massa del vostro collerico indecente volume. Leggo in esso delle veritá, de’ torti, de’ soprusi, delle ingiustizie e delle violenze che vi furono fatte, le quali in vero dovevano nausearvi e irritarti, come nausearono e irritarono anche me che sono flemmatico e non soggetto alle vostre furie.

Sarei quell’uomo cattivo che non sono e che voi volete ch’io sia, se mi recassi a confutare e a dare con uno sforzo di sofismi l’aspetto di torto alle vostre ragioni legittime.

Se mi sono fuggiti alquanti riflessi che a me sembrano ben fondati sulla vostra direzione, sul vostro carattere, sulla vostra economia, sulla falsitá del vostro pensare, vi chiedo pubblicamente perdono. Non è mio costume l’impacciarmi nelle volontá e ne’ fatti altrui, ed è perciò e perché nel mio scrivere ho molto piú di creanza che non avete voi nello scriver vostro, ch’io vi chiedo con tutto lo spirito scusa di quanto v’ho scritto sin ora.

Quanto poi a ciò che scriveste e faceste stampare senza ribrezzo contro di me, volendo voi a forza, per una ragazzesca credulitá che avete prestata ad una giovine attrice teatrale da voi vagheggiata e con me stizzita per quelle ragioni che leggerete nelle Memorie della mia vita, ch’io abbia voluto esporvi alle risa del pubblico nella commedia intitolata: Le droghe d’amore, per una mia puerile vendetta d’amoroso martello; e volendo voi a forza per una vostra vendetta d’una offesa da voi infantata, riguardo a me, tentare di farmi credere nella mia patria non solo, ma in tutte le nazioni, un falso filosofo, un