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lettera confutatoria 299


Confessate, caro amico, che in quel «colloquio» da voi proccurato con me da vero soverchiatore e nella mia propria abitazione, per «gareggiare di cortesia» nel modo che si può vedere, altro non cercaste che di volere fuori di circostanza da me cosa impossibile o di formarvi un piano a una scena vendicatrice di quel ridicolo in cui da voi medesimo v’eravate posto, usando un altro de’ vostri animaleschi strattagemmi e una schifa solennitá, sperando di rendermi odioso alla mia patria e di farmi perdere tutti gli amici miei.

A dir ciò non credo giá d’ingannarmi, leggendo nella vostra pagina 37 che avete cuore di rimproverare e insultare l’onesto e innocente Maffei, perché dopo il vostro strano insidioso «colloquio» è resistito mio buon amico per giustizia e non s’è dichiarato per voi contro me; il che avrebbe fatto quell’uomo di probitá, se nel «colloquio» per cui lo seduceste ad esser mezzo sacrificandolo, le vostre richieste avessero avuto la base di quella «convenienza», di quella «onestá» e di quella «giustizia» che decantate.

Che la vostra maliziosa e sciocca volontá abbia puramente cercato un «colloquio» con me per tentare d’aprirvi una via di screditarmi nella mia patria e di rendermi odioso a’ miei stessi amici, si può rilevare nella pagina 42 delle celeberrime vostre detrazioni.

Piantando voi una falsitá per una veritá di fatto e come s’io non vi avessi dimostrato chiaramente il mio arbitrio perduto sulla commedia e la impossibilitá di poterla io sospendere, con una franchezza e una inciviltá portentose, superando voi quel ribrezzo che l’uomo giusto deve sentire, scriveste le seguenti parole: «Confesso il vero che a fronte della ferma ostinazione (cioè impossibilitá) del mal conte (obbligato, mal nobile padovano!) sulla recita del venerdí, non sapeva determinarmi ad una certezza che se le desse poi luogo dopo un maggior riflesso alle irrefragabili mie dimostrazioni (e pur via colle aeree e false e non irrefragabili ma infrante vostre dimostrazioni), come quelle che ponevano l’ipocrisia a sicuro cimento d’apparir denudata in faccia a tutto il paese».