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CAPITOLO XXXII

Prove, esposizione al pubblico del dramma: Le droghe d’amore. Scoperta da me fatta con sorpresa e dolore, in una parte cambiata con malizia contro la mia prima disposizione. Effetto del dramma. Mia predizione avverata. Susurri spiacevoli.


Ho detto ch’io aveva perduta ogni mia facoltá sul povero mio dramma. Mi restava soltanto un desiderio, cagionato in me dalla spiacevole noia delle chiacchiere che volavano, ch’egli entrasse in iscena, che fosse fischiato e ributtato e che fossero con la di lui morte chiusi i mantachetti delle gole affaccendatissimi in un argomento tanto puerile.

Molti giorni dopo essere state dal Sacchi, omai ridotto plenipotenziario sull’opera mia, consegnate le parti agli attori e alle attrici che dovevano rappresentare quella meschinitá, la Ricci una sera ne’ stanzini del palco scenario, affettando franchezza e premura per il suo dovere, con un atto dinotante del rincrescimento ch’io avessi sospeso da tanto tempo di andare alla sua abitazione a insegnarle le parti, trasse dalla saccoccia la parte sua di Leonora contessa di Nola, pregandomi di ascoltarla e di darle quegli avvertimenti e suggerimenti che a me paressero necessari. La sua simulata franchezza, suggerita in disperazione di causa, era assai tarda. Il colpo di perniziosa impressione sull’universale era giá fatto.

Ascoltai pazientemente dalla Ricci la parte, e quantunque la sua abilitá non avesse gran bisogno di avvertimenti e di correzioni, non mancai di darle i ricordi opportuni sopra alcune azioni ed alcuni sensi.

Molti altri giorni dopo fui pregato dalla comica compagnia ad intervenire alla prova della commedia. V’andai con poco buon animo, ma per una condiscendenza in me facile e per una consuetudine.