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60 memorie inutili


Arrabbiai contro al mio istinto; ma vedendo inutili le doglianze serie con un comico solo sensibile alla venalitá e che tentava di farmi ridere d’un proposito che a me tanto doleva, mi costrinsi e m’occupai ad osservare la rappresentazione fremendo e sperando prima della metá di quella lungaggine tanti sbadigli e tante fischiate che non ci fosse bisogno d’altre sospensioni.

Tuttavia la contessa di Nola co’ suoi puntigli, le sue stravaganze, le sue bizzarie; la marchesa di Taranto con la sua flemma e le sue finte semplicitá; Alessandro gran cancelliere colle sue infuocate gelosie; don Carlo amico del duca colle sue critiche pungenti, sincere e morali; il duca colle sue titubanze tra l’amore e l’amicizia; Garbo cameriere del duca, imbrogliato ne’ capricci delle femmine, colle sue facezie satiriche; Lisa damigella della contessa di Nola colle sue zelanti prediche alla padrona, divertivano: ma veramente il personaggio del don Adone, piú freddo episodio degli altri, ad ogni sua uscita cagionava una procella di acclamazioni con mio estremo rammarico.

Tale fu l’esito di quel dramma la prima sera della sua produzione sino alla metá del terzo ed ultimo atto, dopo la qual metá il don Adone non ha piú che poco o nulla di parte.

Non era ancora estinta in me la speranza delle provvide fischiate. Un’opera teatrale d’una lunghezza esterminata, d’un intreccio strano, di poco interesse, niente popolare, con un teatro pieno per la metá di basso popolo in quella stagione, sostenuta da’ soli dialoghi, da’ sali, dalla critica sul costume, e sia detto con mia pace, tediosa e cattiva, non doveva essere sostenibile nemmeno sino a quel punto; ed è cosa certa che i puntelli suoi furono le illusioni anteriormente apparecchiate, le allusioni stiracchiate in sul fatto da’ spettatori sui personaggi, e specialmente sul personaggio del don Adone con lorda comica insidia abbigliato, pettinato e ammaestrato.

Fu maraviglia che presso a duemila persone entrate a pressarsi in un bariglione due ore e piú prima del cominciare la commedia, sofferto ch’ebbero quasi sett’ore d’affannoso disagio,