Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/431

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4o4 DELL* ACCORDO DEL TERBO CON L* AGEIITE CHE DIUOTA MOLTtTnDitrS I. Da man sinistra rC appari una gente et anime che Mori E NO i pie ver noi. D# a. Ancora era quel popol £ lontanò, quando si steinser tutti <C duri massi. D. 3. Za mio maestro^ ed io^ e quella gente di eran con lui fa* RErAN sì contenti... D. 4* f^oi sapete che la gente Èpa acconcia a credere il male che il bene* B. Un verbo dipendente da un agente che esprima mot* titudiney come popolo, genie ^ sì può mettere in singolare e in plurale, secondo le circo8tanze,e secondo Pidea di pioralilào d’unità che il dicitore intende di mostrare. Nelprì* mo esempio T Autore mette il verbo apparì in singolare, perchè la subita apparizione di quella moltitudine insieme corre agli occhi da prima in un sol corpo; e poi, nella seconda proposizio ne, adopera il plurale movieno a dinotare la pluralità de* pie* mo ventisi; il che sarebbe contrario alla ragione esprimere col verbo in singolare. Anche il nomeanime che precede moi^ieno è cagione dell’essere questo ve^ bo in plurale; nulladimeno, quando bene questo nome non fosse espresso, il verbo muovere rimarrebbe ancora plorale. Così, nel secondo esempio, mostra da prima il Poetala moltitudine in un corpo solo, perchè in fatto, tale è Timmagine che alla vista si presenta; e poi li fa vedere in piaralità stringersi cCduri massi. Nel terzo esempio ben si potrebbe mettere in singolare il verbo eran^ perchè non si riferisce ad altro che a gente; ma il secondo vuol essere io plurale,perchè il mostrare la contentezza in tutti i visi fa Timmagine più forte che il mostrarla in un corpo solo. Riassumendo Tesposto intorno a questi esempj, pare che quao