Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/433

Da Wikisource.

406

quarto l’Autore fa uso molto a proposito del nome lingue in plurale, perchè vuol rappresentare alla immaginazione del lettore le diverse lingue di quelle anime tutte parlanti quasi a gara. Ma, quando non vi sia alcuna particolare intenzione, il nome, benchè si riferisca a più persone, si mette in singolare. Il Boccaccio dice, Io ho sempre avuto in costume, quando esco dell’albergo, di dire un pater nostro e un’ave maria per l’anima del padre e della madre di San Giuliano; dove avrebbe potuto ben dire per le anime; ma pure usa il singolare, perchè le considera separatamente, cioè per l’anima del padre e per l’anima della madre.

del verbo governato da piu’ agenti


1. Tosto che’l duca ed io nel legno fui. D. 2. Muovasi la Capraia e la Gorgona, e faccian siepe ad Arno in su la foce. D. 3. Forse che la malinconia e il dolore che io ho avuto per la perdita di lei, m’ha sì trasfigurato, che ella non mi riconosce. B. 4. Tra gli altri che meglio stanno sian Buffalmacco ed io. B. 5. Una mia vicina, la quale è una donna molto vecchia, mi dice che l’una e l’altra fu vera. B.

L’adoperare il singolare o il plurale del verbo, quando ha più di uno agente, dipende ancora, come dicemmo per li nomi di moltitudine, dall'idea che sta nella mente di chi parla. Nel primo esempio Dante dice fui, perchè sottintende fu dopo il nome duca e avrebbe anche potuto dire fummo, comprendendo i due agenti, senza cambiar il senso. Nel secondo esempio ben si possono immaginare le due isole moventisi l’una dopo l’altra, e dire muovasi la Capraia e muovasi la Gorgona, in luogo di muovansi la Capraia e la Gorgona; ma dir non si potrebbe, e faccia siepe in singolare; perchè, in questa azione, bisogna che concor-