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Pagina:Grammatica italiana, Fornaciari.djvu/235

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CAPITOLO XXVI

Il verbo passivo.


§ 1. Per esprimere che un’azione è sostenuta dal soggetto e fatta da altra cosa o persona (vedi P. II, cap. xviii, § 4), si adopera il participio passato dei verbi transitivi preceduto regolarmente dai tempi, tanto semplici che composti, del verbo essere; p. es. sóno lodáto, Dio èra státo lodáto, Alessándro fu temúto, ecc. che dicesi conjugazione passiva.


§ 2. Perchè vi sia veramente la conjugazione passiva, si richiedono due condizioni: prima, che il verbo cui si vuol dare senso passivo sia di sua natura transitivo (vedi cap. cit., § 3), come amáre, lodáre, temére, colpíre, ecc. non potendosi far passivi i verbi intransitivi, come náscere, moríre, dormíre, tossíre, ecc. alcuni dei quali si accompagnano sì coi tempi semplici di èssere (sóno náto, èra mòrto), ma non prendono per questo senso passivo.

Come vedemmo che alcuni verbi intransitivi possono ricevere un falso oggetto (cap. cit. § 3), così dobbiamo aggiungere che i medesimi possono anche prendere un’apparente forma passiva, p. es. mólte scále sono salíte dall’ambizióso; un tranquíllo sónno dormíto da un innocènte; le mólte míglia córse dal cavállo. S’intende poi che quando un verbo intransitivo si usi in significato transitivo, diviene anch’esso capace della forma passiva. I verbi volére e potére assumono talvolta forma passiva quando reggono un infinito di verbo