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Pagina:Grammatica italiana, Fornaciari.djvu/83

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la parola e l’accento 49

tuano le congiunzioni ed, od, e la preposizione ad che si adoperano soltanto dinanzi a parola cominciante per vocale.


§ 4. Si dice accento o, per più chiarezza, accento tonico quella posa o appoggiatura di voce che, leggendo, si fa sopra una sillaba d’una parola, e che dà alla parola stessa unità e forma distinta. Ogni parola, quando si pronuncia sola, lascia sentire il suo accento; ma nel contesto del discorso molte parole si uniscono talmente con le seguenti, che il loro accento non si avverte, quasi formassero un tutto con esse. Ciò dipende dal senso del discorso, e non riguarda in alcun modo la Etimologia, la quale studia le parole in sè stesse, non già nella loro collocazione.

Distinguasi l’accento tonico d’una parola da quella certa appoggiatura di voce che si fa sulla vocale dura nel dittongo. (Vedi cap. ii, § 23).


§ 5. L’accento d’una parola può trovarsi o sull’ultima sillaba, che ne’ monosillabi è unica; o sulla penultima, o sulla terz’ultima, e di rado sulla quart’ultima.

Una parola polisillaba accentata sull’ultima sì chiama tronca, perchè non essendo solito nella lingua italiana finir le parole con sillaba accentata, quelle che così finiscono si considerano come tronche, anche se realmente non sono. Esempii: virtù, andò, perché; libertà, amór, temér, morìr.

Una parola polisillaba accentata sulla penultima, si chiama piana. Esempii: bellézza, onóre, pazzía, scrívo, mónte.

Una parola polisillaba accentata sulla terz’ultima, si chiama sdrucciola. Esempii: bálsamo, bellíssimo, lèggere, scrívere, útile.

FornaciariGramm. ital. 4