Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, I.djvu/143

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cioè la formazione nella stessa classe di un’«avanguardia» », di una selezione spontanea di allievi che aiuti l’insegnante e prosegua le sue lezioni, insegnando praticamente a studiare. Queste osservazioni mi sono state suggerite dal Materialismo storico di Bukharin1 che risente di tutte le deficienze della conversazione. Sarebbe curioso fare una esemplificazione di tutti i passi che corrispondono agli errori logici indicati dagli scolastici, ricordando la giustissima osservazione di Engels che anche i «modi» del pensare sono elementi acquisiti e non innati, il cui possesso corrisponde a una qualifica professionale. Non possederli, non accorgersi di non possederli, non porsi il problema di acquistarli attraverso un apprendissaggio equivale a voler costruire un’automobile sapendo impiegare e avendo a propria disposizione l’officina e gli strumenti di fabbro ferraio da villaggio. Lo studio della «vecchia logica formale» è ormai caduto in discredito e in parte a ragione. Ma il problema di far fare l’apprendissaggio della logica si ripresenta se si pone il problema di creare una nuova cultura su una base sociale nuova, che non ha tradizioni, come la vecchia classe degli intellettuali. Un «blocco intellettuale» tradizionale, con la complessità delle sue articolazioni, riesce ad assimilare nello svolgimento organico di una scienza l’elemento «apprendista» anche senza bisogno di sottoporlo al tirocinio formale. Ma neanche ciò avviene senza difficoltà e senza perdite. Lo sviluppo delle scuole tecniche professionali in tutti i gradi post-elementari, ha ripresentato il problema. Ricordare l’affermazione del prof. Peano che anche nel Politecnico e nelle matematiche risultavano meglio preparati gli allievi provenienti dal ginnasio-liceo in confronto con quelli provenienti dalle scuole-istituti tecnici. Questa migliore preparazione era data dal complesso insegnamento «umanistico» (storia, letteratura, filosofia). Perché la matematica non può dare gli stessi risultati? È stata avvicinata la matematica alla logica. Pure c’è una enorme differenza. La matematica si basa essenzialmente sulla serie numerica, cioè su un’infinita serie di eguaglianze (1 = 1) che possono essere combinate in modi teoricamente infiniti. La logica formale «tende» a far lo stesso, ma fino a un certo punto. La sua astrattezza si mantiene solo nell’inizio dell’apprendimento, nella sua formulazione immediata nuda e cruda, ma si attua concretamente nel discorso stesso in cui questa stessa formulazione astratta si compie. Gli esercizi di lingua che si fanno nel ginnasio liceo fanno vedere questo: nelle traduzioni latino-italiano, greco-italiano, non c’è mai identità fra le due lingue, o almeno questa identità che pare esista agli inizi dello studio (rosa = rosa) va sempre più complicandosi col progredire dell’apprendimento, va cioè allontanandosi dallo schema matematico per giungere a quello storico e psicologico in cui le sfumature, l’espressività «unica e individuale» ha la prevalenza. E non solo ciò avviene nel confronto tra due lingue, ma avviene nello studio della storia della stessa «lingua», cioè nelle variazioni «semantiche» dello stesso suono-parola attraverso il tempo e delle sue cambiate funzioni nel periodo. (Cambiamenti