Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, I.djvu/302

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1930: (miscellanea) 295 hanno dovuto sborsare ben 150000 lire. Perché? Per la sorprendente ragione che gli autori son dieci e che fra i Dieci figurano, oltre Ì nomi del Presidente e del Segretario ge- 7 nerale del «Raduno», quelli del Segretario nazionale e di due membri del Direttorio del Sindacato autori e scrittori!... Che cuccagna il sindacalismo intellettuale di Giacomo di Giacomo». Il Malaparte scrive ancora: «Se quei dirigen- tiy cui si riferisce il nostro discorso, fossero fascisti, non importa se di vecchia o di nuova data, avremmo seguito altra via per denunciare gli sperperi e le camorre: ci saremmo rivolti, cioè, al Segretario del P.N.F. Ma trattandosi di personaggi senza tessera, politicamente poco puliti e mal compromessi alcuni, altri infilatisi nei Sindacati all’ora del pranzo, abbiamo preferito sbrigar le cose senza scandalo ( ! ), con queste quattro parole dette in pubblico»1. Questo pezzo è impagabile. Nell’articolo c’è poi un attacco vivace contro Bodrero, allora Sottosegretario all'Istruzione Pubblica e contro Fedele, ministro. Nella «Fiera Letteraria» del 17 giugno, il Malaparte, pubblica un secondo articolo Coda di un’Accademia in cui rincara sornionamente la dose contro Bodrero e Fedele. (Fedele aveva mandato una lettera sulla quistione Salgari, che fu il «pezzo forte» del «Sindacato Scrittori» e che fece ridere mezzo mondo)2. § ( ro). Proudhon e i letterati italiani (Raimondi, Jahier). Articolo di Giuseppe Raimondi Rione Bolognina nella «Fiera Letteraria» del 17 giugno r928: motto di Proudhon: «La pauvreté est bonne, et nous devons la considérer comme le principe de notre allégresse»; spunti autobiografici che culminano in queste frasi: «Come ogni operaio e ogni figlio di operaio, io ho sempre avuto chiaro il senso della divisione delle classi sociali. Io resterò, purtroppo ( ! ), fra quelli che lavorano. Dall’altra parte, ci sono quelli che io posso rispettare, per i quali posso anche provare della sincera gratitudine; ma qualcosa mi impedisce di piangere con loro, e non mi riesce di abbracciarli con spontaneità. O mi mettono soggezione o li disprezzo». «È nei sobborghi che si sono sempre fatte le rivoluzioni e il popolo non è da nes- ! suna parte cosi giovane, sradicato da ogni tradizione, disposto a se- ! guire un improvviso moto di passione collettivo, come nei sobborghi,

che non sono più città e non sono ancora campagna. (... ) Di qui finirà

V per nascere I una civiltà nuova e una storia che avrà quel senso di ri- 7 bis volta e di riabilitazione secolare proprio dei popoli che solo la morale 1 296 QUADERNO 3