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le Rugiu, nel quale si calcola quanti milioni sono stati estorti alla Sardegna nei primi 50 anni di unità a favore del continente*. Campagne di Salvemini culminate nella fondazione dell’«Unità», ma condotte già nella «Voce» (numero unico della «Voce» sulla «Quistione meridionale» pubblicato anche in opuscolo*). In questo secolo si realizza un certo blocco «intellettuale» che ha a capo B. Croce e Giustino Fortunato e che si dirama in tutta Italia; in ogni rivistina di giovani; che abbiano tendenze liberali-democratiche e in generale si propongano ❘36 bis di svecchiare la cultura italiana, in tutti i campi, dell’arte, della letteratura, della politica, appare non solo l’influenza del Croce e del Fortunato, ma la loro collaborazione: esempio tipico la «Voce» e l’«Unità», ma si vede anche nella «Patria» di Bologna, nelT«Azione Liberale» di Milano, nei «borelliani» ecc.* Appare anche nel «Corriere della Sera» e finisce nel dopoguerra, date le nuove situazioni, con l’apparire nella «Stampa» (attraverso Cosmo, Salvatorelli, Ambrosini) e nel giolittismo, con l’assunzione di Croce nell’ultimo governo Giolitti.

Di questo movimento, oggi, vien data una interpretazione tendenziosa anche da G. Prezzolini che ne fu una tipica incarnazione; ma rimane la prima edizione della Cultura italiana di Prezzolini, del 1923, con le sue «omissioni», come documento autentico*. Questo movimento giunge fino al Gobetti e alle sue iniziative di cultura e trova in lui il suo punto di risoluzione. Gobetti rappresenta il punto d’approdo di questo movimento e la fine del blocco, cioè l’origine della sua dissoluzione. La polemica di Giovanni Ansaldo contro Guido Dorso è il documento più espressivo di questa dissoluzione, anche per una certa comicità di atteggiamenti gladiatori di intimidazione dell’«unitarismo ossessionato»*. Da questo complesso di avvenimenti e di spunti polemici deriva un criterio per ricercare la diversa «saggezza» delle diverse correnti che si contesero la direzione politica e ideologica del Partito d’Azione: il collegamento delle diverse classi rurali che si realizza in un blocco attraverso i diversi ceti intellettuali può essere dissolto per addivenire a una nuova formazione (passaggio dal borbonesimo al regime liberale nazionale nell’Italia meridion3e) solo se si fa forza in due ❘37 direzioni: sui contadini di base accettandone le rivendicazioni e facendo di esse parte integrante del nuovo programma di governo e sugli intellettuali insistendo sui motivi che più li possono interessare. Il rapporto tra queste due azioni è dialettico: se i contadini si muovono, gli intellettuali incominciano a oscillare e reciprocamente se un gruppo di intellettuali si pone sulla nuova base, essi finiscono col trasportare con sé frazioni di massa sempre più importanti. Si può dire, data la dispersione e l’isolamento della popolazione rurale e la difficoltà quindi di concentrarla in forti organizzazioni, che conviene iniziare il lavoro politico dagli intellettuali, ma in generale è il rapporto dialettico tra le due azioni che occorre tener presente*. Si può dire anche che partiti contadini nel senso proprio della parola è quasi impossibile crearne: il partito nei contadini si realizza in generale come forte corrente di opinioni, non in forme schematiche; ma l’esistenza anche di uno scheletro di partito è di im-