Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, II.djvu/110

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i93°-I932: (miscellanea) 785 messa più in rilievo da questi fatti: come, dalle parole testuali del Martini, è posta in rilievo l’assenza completa di coscienza e orgoglio nazionale nei moderati, i quali dicevano che T«imperatore deve far lui la guerra»3, cioè | che non l’Italia deve liberarsi da sé, ma la Francia deve liberare l’Italia. Si capisce come nella tradizione burocratica francese della politica estera si siano formate certe convinzioni e si sia costituita una linea nei riguardi dell’apprezzamento del personale dirigente italiano. Altro capitolo interessante è « Varlamentum indoctum», dove si possono trovare spunti sulla preparazione intellettuale di molti uomini politici del tempo. Il Martini bonariamente giustifica l’ignoranza crassa di uomini come Nicotera, affermando che le congiure e l’ergastolo non avevano loro lasciato il tempo di studiare \ Certo la vita del Nicotera non era fatta per permettere studi «regolari»; ma il Settembrini fu anch’egli all’ergastolo e pure non perse il tempo. Qualche meridionale, seccato dalla letteratura retorica contro i Borboni (già prima della guerra, ricordo un articolo di Oreste Mosca nella «Vela latina» di F. Russo)5 scrisse che in Piemonte (con 5 milioni di abitanti) c’erano 5 ergastoli come a Napoli con 10 milioni di abitanti, per cui, o in Piemonte c’era più reazione, o c’era più delinquenza; in ogni caso Napoli non ci faceva poi tanto cattiva figura. Detto in forma paradossale, il fatto è giusto: negli ergastoli napoletani i pa- triotti stavano relativamente meglio che negli ergastoli piemontesi dove dominarono i gesuiti per molto tempo e una burocrazia militare e civile ben più fiscale e «regolamenta- trice» di quella napoletana. Gli ergastolani non avevano la catena ai piedi ed erano in compagnia: la loro condanna era «psicologicamente e moralmente» più grave di quella ai lavori forzati a tempo, ma non «materialmente»: la gravità consisteva che molti ergastolani erano stati condannati a morte, avevano «realmente» creduto di stare per essere giustiziati e poi, all’ultimo momento, furono graziati: per altro, l’ergastolo non poteva essere ritenuto veramente tale da uomini politici che non potevano ritenere che il regime borbonico sarebbe durato quanto la loro vita. Ciò sia detto senza togliere nulla alla valutazione dei loro patimenti. Di fatto