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852 QUADERNO 7 (vil) forma protestante: non capire chc la rozzezza intellettuale dell’uomo della Riforma tuttavia prelude alla filosofìa classica tedesca e al vasto movimento culturale tedesco moderno). Erasmo e Lutero: «dove entra Lutero, cessa la cultura» disse Erasmo (o qualcosa di simile)5. Croce rimprovera al materialismo storico il suo «scientismo», la sua «superstizione» materialistica, il suo ritorno al «medio evo» intellettuale. Sono i rimproveri che Erasmo, nel linguaggio del tempo, muoveva a Lutero. L’uomo del Rinascimento e l’uomo della Riforma si sono fusi nell’intellettuale moderno del tipo Croce, ma se questo tipo contiene in sé l’uomo della Riforma, esso non intende più il processo storico per cui dal «medioevale» Lutero si è potuti giungere a Hegel e perciò di fronte alla nuova Riforma intellettuale e morale rappresentata dal materialismo storico, si ritrova nella stessa posizione di Erasmo di fronte a Lutero. Questa posizione di Croce si può studiare nel suo atteggiamento pratico verso la religione. Croce è antireligioso e per gli intellettuali italiani la sua filosofia, specialmente nelle sue manifestazioni meno sistematiche (come le recensioni, le postille, ecc. raccolte nei volumi come Cultura e vita morale, Conversazioni critiche, Frammenti di etica ecc.), è stata una vera riforma intellettuale e morale, del tipo «Rinascimento»; ma Croce non è andato «al popolo», non è diventato un elemento «nazionale» (come non lo sono stati gli uomini del Rinascimento a differenza dei Luterani e Calvinisti) perché non è riuscito a creare una schiera di discepoli che abbiano potuto rendere questa filosofia «popolare» capace di diventare un elemento educativo fin dalle scuole elementari (e quindi educativo 52 per il semplice operaio e | per il semplice contadino, cioè per il sem- - plice uomo del popolo): ciò era impossibile, come hanno dimostrato gli avvenimenti. Croce in qualche punto ha scritto qualcosa di questo genere: «Non si può togliere la religione airuomo del popolo, senza subito sostituirla con qualcosa che soddisfi le stesse esigenze per cui la religione si è formata e ancora permane»6. C’è qualcosa di vero in questa atfermazione7, ma non è essa anche una confessione dell’impotenza della filosofia idealista a diventare una integrale concezione del mondo? Cosi è avvenuto che Gentile, praticamente più conseguente del Croce, ha rimesso la religione nelle scuole e ha giustificato questo atto con la concezione hegeliana della religione come fase primitiva della filosofia (Croce del resto avrebbe fatto altrettanto se il suo progetto scolastico avesse superato gli scogli della politica parlamentare): ma non è questa una pura gherminella? Perché si dovrebbe dare al popolo un cibo diverso da quello degli intellettuali? Si ricordi il «frammento» di Etica del Croce sulla religione8: esso è bellissimo; perché non è stato svolto? In realtà era impossibile. La concezione dell’«obbiettività del reale» quale è stata radicata nel popolo dalle religioni non può essere sradicata che da un principio che si presenti come «dogmatico», ma abbia in sé la possibilità di storicizzarsi: questo principio non può essere dato che dalla scienza. Essa magari diventerà una superstizione simile o anche peggiore della superstizione religiosa, ma può trovare in se stessa gli elementi per superare questa prima fase primitiva. Essa pone l’uomo in contatto con la natura.