Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, II.djvu/641

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IO (XXXIII) La quistione è questa: dato il principio crociano della dialettica dei distinti (che è da criticare come soluzione puramente verbale di una reale esigenza metodologica, in quanto è vero che non esistono solo gli opposti, ma anche i distinti) quale rapporto che non sia quello di «implicazione nell’unità dello spirito» esisterà tra il momento econo- mico-politico e le altre attività storiche? È possibile una soluzione speculativa di questi problemi, o solo una soluzione storica, data dal concetto di «blocco storico» presupposto dal Sorel3? Intanto si può dire che mentre l’osses|sione politico-economica (pratica, didascalica) distrugge l’arte, la morale, la filosofia, invece queste attività sono anche «politica». Cioè la passione economico-politica è distruttiva quando è esteriore, imposta con la forza, secondo un piano prestabilito (e anche che sia cosi può essere necessario politicamente e si hanno periodi in cui l’arte, la filosofia ecc. s’addormentano, mentre l’attività pratica è sempre vivace) ma può diventare implicita nell’arte ecc. quando il processo è normale, non violento, quando tra struttura e superstrutture c’è omogeneità e lo Stato ha superato la sua fase eco- nomico-corporativa. Lo stesso Croce (nel volume Etica e politica) accenna a queste diverse fasi, una di violenza, di miseria, di lotta accanita, di cui non si può fare storia eticopolitica (nel suo senso ristretto) e una di espansione culturale che sarebbe la «vera» storia4. Nei suoi due recenti libri: Storia d’Italia e Storia d'Europa sono precisamente omessi i momenti della forza, della lotta, della miseria e la storia comincia in una dopo il 1870 e nell’altra dal 1815. Secondo questi criteri schematici si può dire che lo stesso Croce riconosce implicitamente la priorità del fatto economico, cioè della struttura come punto di riferimento e di impulso dialettico per le superstrutture, ossia i «momenti distinti dello spirito». Il punto della filosofia crociana su cui occorre insistere pare appunto debba essere la così detta dialettica dei distinti. C’è una esigenza reale nel distinguere gli opposti dai distinti, ma c’è anche una contraddizione in termini, perché dialettica si ha solo degli opposti. Vedere le obbiezioni non verbalistiche presentate dai gentiliani a questa teoria crociana e risalire allo Hegel? È da vedere se