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1468 QUADERNO II (xVIIl) V. Traducibilità dei linguaggi scientifici e filosofici. § (46). Nel 1921 trattando di quistioni di organizzazione Vilici scrisse e disse (press’a poco) così: non abbiamo saputo « tradurre» nelle lingue europee la nostra lingua \ Cfr Quaderno 7 (vii), p. 53 bis. § (47 ). È da risolvere il problema: se la traducibilità reciproca dei vari linguaggi filosofici e scientifici sia un elemento «critico» proprio di ogni concezione del mondo o solamente proprio della filosofia della prassi (in modo organico) e solo parzialmente appropriabile da altre filosofie. La traducibilità presuppone che una data fase della civiltà ha una espressione culturale «fondamentalmente» identica, anche se il linguaggio è storicamente diverso, determinato dalla particolare tradizione di ogni cultura nazionale e di ogni sistema filosofico, dal predominio di una attività intellettuale o pratica ecc. Così è da vedere se la traducibilità è possibile tra espressioni di fasi diverse di civiltà, in quanto queste fasi sono momenti di sviluppo una dall’altra, e quindi si integrano a vicenda, o se un'espressione data può essere tradotta coi termini di una fase anteriore di una stessa civiltà, fase anteriore che però è più comprensibile che non il linguaggio dato ecc. Pare si possa dire appunto che solo nella filosofia della prassi la « traduzione » è organica e profonda, mentre da altri punti di vista spesso è un semplice gioco di «schematismi» generici. § (48 ). Giovanni Vailati e la traducibilità dei linguaggi scientifici. Passo della Sacra Famiglia in cui si afferma che il linguaggio politico francese del Proudhon corrisponda e possa tradursi nel linguaggio della filosofia classica tedesca \ Questa affermazione (è) molto importante per comprendere alcuni aspetti della filosofia della prassi e per trovare la soluzione di molte apparenti contraddizioni dello sviluppo storico e per rispondere ad alcune superficiali ob-