Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, III.djvu/182

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i932_I935: (miscellanea) 1685 zione cattolica e il risveglio di religiosità in questa ultima fase, che molte cose stanno mutando nel cattolicesimo, e che la gerarchia ecclesiastica ne è allarmata, perché non riesce a controllare queste trasformazioni molecolari; accanto a una nuova forma di anticlericalismo, più raffinata e profonda di quella ottocentesca, c’è un maggiore interesse per le cose religiose da parte dei laici, che portano nella trattazione uno spirito non educato al rigore ermeneutico dei gesuiti e quindi sconfinante spesso nell’eresia, nel modernismo, nello scetticismo elegante. «Troppa grazia!» per i gesuiti, che vorrebbero invece che i laici non s’interessassero di religione altro che per seguire il culto. § {27). Letteratura popolare. Orìgini popolaresche del «superuomo». Da riavvicinare al Balzac per le origini romantiche del «superuomo» è lo Stendhal col Giuliano Sorel del Rosjo e Nero e altre figure del suo repertorio romanzesco. Per il « superuomo » nietzschiano, oltre all’influsso romantico dello Stendhal (e in generale del culto di Napoleone I) sono da vedere le tendenze razziste che hanno culminato nel Gobineau e poi nel Chamberlain e nel pangermanismo (Treitschke e le teorie della «potenza» ecc.). Ma non è questa l’origine di certe forme moderne del superuomo: piuttosto, come (ho) scritto1, Dumas del Montecristo e Balzac di Vautrin. Da vedere anche Dostojevsckij, come reazione panslavista [-cristiana] a queste dottrine della forza e del superuomo, ed è da notare che nel Dostojevsckij è stato grande l’influsso del romanzo francese d’appendice (cfr nel numero della «Cultura» dedicato a Dostojevsckij) 2. Nel carattere popolaresco del « superuomo » molti elementi teatrali, esteriori, da «prima donna» più che da «superuomo»: molto formalismo «soggettivo e oggettivo», ambizioni fanciullesche di essere il « primo della classe », ma specialmente di essere ritenuto e proclamato tale. Cfr Quaderno 16 (xxn), pp. 25 - 25 bis. §(28). Letteratura popolare. Luigi Volpicelli, nella « Italia Letteraria» del i° gennaio 1933 (articolo Arte e religione) nota: «Il quale (il popolo) si potrebbe osservare tra parentesi, ha amato sempre l’arte più per quello che non è arte che per ciò che è essenziale all’arte; e forse proprio per questo è cosi diffidente verso gli artisti di oggi, i quali, vo-