Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, III.djvu/222

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i932-i935: (miscellanea) 1725 individuale. Allora la quistione non verte sulla coercizione, ma sul fatto se si tratta di razionalismo autentico, di reale funzionalità, o di atto d'arbitrio, ecco tutto. La coercizione è tale solo per chi non l’accetta, non per chi l’accetta: se la coercizione si sviluppa secondo lo sviluppo delle forze sociali non è coercizione, ma «rivelazione» di verità culturale ottenuta con un metodo accelerato. Si può dire della coercizione ciò che i religiosi dicono della determinazione divina: per i «volenti» essa non è determinazione, ma libera volontà. In realtà la coercizione in parola è combattuta perché si tratta di una lotta contro gli intellettuali e contro certi intellettuali, quelli tradizionali e tradizionalisti, i quali, tutto al più, ammettono che le novità si facciano strada a poco a poco, gradualmente. È curioso che in architettura si contrappone il razionalismo al «decorativismo», e questo viene chiamato «arte industriale». È curioso, ma giusto. Infatti dovrebbe chiamarsi sempre industriale qualsiasi manifestazione artistica che è diretta a soddisfare i gusti di singoli compratori ricchi, ad «abbellire» la loro vita, come si dice. Quando l’arte, specialmente nelle sue forme collettive, è diretta a creare un gusto di massa, ad elevare questo gusto, non è «industriale», ma disinteressata, cioè arte. Mi pare che il concetto di razionalismo in architettura, cioè di «funzionalismo», sia molto fecondo di conseguenze di principi di politica culturale; non è casuale che esso sia nato proprio in questi tempi di «socializzazioni» (in senso vasto) e di interventi di forze centrali per organizzare le grandi masse contro i residui di individualismi e di estetiche dell’individualismo nella politica culturale. § (66). Giornalismo. Integralismo. Il tipo di giornalismo che viene considerato in queste note è quello « integrale », cioè quello che presuppone non solo di soddisfare tutti i bisogni del suo pubblico, ma di creare questi bisogni e quindi di creare, in un certo senso, il pubblico stesso. Se si osserva, tutte le forme di giornalismo e di attività editoriale in genere esistenti presuppongono che altre forze esistono che sono da integrare. Mi pare invece, per esaurire il problema e vederne tutti i lati, sia da presupporre tutt’altra situazione, che esista solo, come punto di partenza, un gruppo più o meno omogeneo, di un certo tipo, di un certo livello e specialmente con un certo orienta- 8**