Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, III.djvu/225

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14 (i) $ è questo: che un modo di vivere, di operare, di pensare, si sia introdotto in tutta la società perché proprio della classe dirigente, non significa di per sé che sia irrazionale e da rigettare. Se si osserva da vicino si vede: che in ogni fatto esistono due aspetti: uno «razionale», cioè conforme al fine o economico, e uno di «moda», che è un determinato modo di essere del primo aspetto razionale. Portare le scarpe è ra- bis zionale, ma la determinata foggia | di scarpe sarà dovuta alla moda. Portare il colletto è razionale perché permette di cambiare spesso quella parte dell’indumento camicia che più facilmente si sporca, ma la foggia del colletto dipenderà dalla moda, ecc. Si vede insomma che la classe dirigente « inventando» una utilità nuova, più economica o più conforme alle condizioni date o al fine dato, ha nello stesso tempo dato una «sua» particolare forma all’invenzione, all’utilità nuova. È modo di pensare da muli bendati confondere l’utilità permanente (in quanto lo è) con la moda. Invece compito del moralista e del creatore di costumi è quello di analizzare i modi di essere e di vivere, e di criticarli, sceverando il permanente, l’utile, il razionale, il conforme al fine (in quanto sussiste il fine), dall’accidentale, dallo snobistico, dallo scimmiesco, ecc. Sulla base del «razionale», può essere utile creare una «moda» originale, cioè una forma nuova che interessi. Che il modo di pensare notato non sia giusto si vede dal fatto che esso ha dei limiti: per esempio nessuno (almeno che sia matto) predicherà di non insegnare più a leggere e a scrivere, perché il leggere e lo scrivere è certamente stato introdotto dalla classe dirigente, perché la scrittura serve a diffondere certa letteratura o a scrivere le lettere di ricatto o i rapporti delle spie. § {68). Machiavelli. Scritto (a domande e risposte) di Giuseppe Bessarione del settembre 1927 su alcuni punti essenziali di scienza e di arte politica1. Il punto che mi pare sia da svolgere è questo: come secondo la filosofia della prassi (nella sua manifestazione politica) sia nella formulazione del suo fondatore, ma specialmente nella precisazione