Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, III.djvu/717

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22l8 QUADERNO 23 (vi) derio di sacrifizio e di eroismo ( ! ), non dirò per andare proprio contro corrente, ma stabilendo un punto solido, dal quale il movimento in avanti riprenderà», ecc. ecc. Differenza tra il Prezzolini e Gobetti; vedere se la lettera ha avuto risposta e quale \ Cfr Quaderno 1 (xvi), pp. 90 - 9obis. § ( 32}. Alfredo Panzini. La Vita di Cavour del Panzini è stata pubblicata a puntate nelF«Italia Letteraria» nei numeri dal 9 giugno al 13 ottobre 1929 ed è stata ristampata (riveduta e corretta? sarebbe interessante un esame minuzioso, se ne valesse la pena) dall’editore Mondadori, in un volume delle «Scie» con notevole ritardo1. NelF«Italia Letteraria» del 30 giugno, col titolo Chiarimento è pubblicata una lettera inviata dal Panzini, con la data del 27 giugno 1929, al direttore del «Resto del Carlino»: il Panzini, con stile seccato e intimamente allarmato, si lamenta per un piccante commento, pubblicato dal giornale bolognese alle due prime puntate del suo scritto che era giudicato « piacevole giocherello» e «cosa leggera». Il Panzini risponde in stile da telegramma: «Nessuna intenzione scrivere una biografia alla maniera romanzesca francese. Mia intenzione scrivere in stile piacevole e drammatico, tutto però documentato (Carteggio Nigra-Cavour)». (Come se la sola documentazione per la vita del Cavour fosse questo, Carteggio! ) Il Panzini cerca poi di difendersi, assai male, dall’aver accennato a* una forma di dittatura propria del Cavour, «umana», che ellitticamente poteva sembrare un giudizio critico su altre forme di dittatura: figurarsi la tremarella del Panzini nel procedere per questi «ignes»2. L’episodio ha un certo significato, perché mostra come molti si siano cominciati ad accorgere che queste scritture pseudo-nazionali e patriottiche del Panzini sono stucchevoli, insincere e mostrano la trama. L’imbecillità e l’inettitudine del Panzini di fronte alla storia sono incommensurabili: | il suo scrivere è un puro e infantile gioco di parole, ammantato di una specie di melensa ironia che dovrebbe far credere all’esistenza di chissà mai quali profondità, come quelle che certi conta¬