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2284 QUADERNO 25 (XXIII) fanti, i gruppi subalterni sono solo in istato di difesa allarmata (questa verità si può dimostrare con la storia della Rivoluzione francese fino al 1830 almeno). Ogni traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi subalterni dovrebbe perciò essere di valore inestimabile per lo storico integrale; da ciò risulta che una tale storia non può essere trattata che per monografie e che ogni monografia domanda un cumulo molto grande di materiali spesso difficili da raccogliere. Cfr Quaderno 3 (xx), pp. 10 -10 bis. § (3). Adriano Tilgher, Homo faber. Storia del concetto del lavoro nella civiltà occidentale, Roma, Libreria di Scienze e Lettere, 1929. L. 15 \ Cfr Quaderno 1 (xvi), p. 68. § (4). Alcune note generali sullo sviluppo storico dei gruppi sociali subalterni nel Medio Evo e a Roma. Nel saggio di Ettore Ciccotti Elementi di «verità» e di «certezza» nella tradizione storica romana (contenuto nel volume Confronti storici)1 ci sono alcuni accenni allo sviluppo storico delle classi popolari nei Comuni italiani, specialmente degni di attenzione e di trattazione separata. Le guerre reciproche fra i Comuni e | quindi la necessità di reclutare una più vigorosa e abbondante forza militare col lasciare armare il maggior numero, davano la coscienza della loro forza ai popolani e nello stesso tempo ne rinsaldavano le file (cioè funzionarono da eccitanti alla formazione compatta e solidale di gruppo e di partito). I combattenti rimanevano uniti anche in pace, sia per il servizio da prestare, sia, in prosieguo, con crescente solidarietà, per fini di utilità particolare. Si hanno gli statuti delle « Società d’armi», che si costituirono a Bologna, come sembra, verso il 1230 ed emerge il carattere della loro unione e il loro modo di costituzione. Verso la metà del secolo xm le società erano già ventiquattro, distribuite a seconda della contrada ove abitavano (i compo¬