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vita a chi di te vive?
O, miracolo ingiusto! Su, ministri,
su! che si tarda? ornai
menatemi agli altari.
— Ah, che tanta pietá non volev’io! —
soggiunse allor Mirtillo.
—
Torna cruda, Amarilli, .
ché cotesta pietá si dispietata
troppo di me la miglior parte offende.
A me tocca il morire. — Anzi a me pure —
rispondeva Amarilli, — ché per legge
son condennata. — E quivi
si contendea tra lor, come s’a punto
fosse vita il morire, il viver morte.
Oh anime bennate, oh coppia degna
di sempiterni onori !
Oh vivi e morti gloriosi amanti!
Se tante lingue avessi e tante voci
quant’occhi il cielo e quante arene il mare,
perderien tutte il suono e la favella
nel dir a pien le vostre lodi immense.
Figlia del cielo, eterna
e gloriosa donna,
che l’opre de’ mortali al tempo involi,
accogli tu la bella istoria e scrivi
con lettre d’oro in solido diamante
l’alta pietá de l’uno e l’altro amante.
Titiro. Ma qual fin ebbe poi
quella mortai contesa?
Messo. Vinse Mirtillo (oh, che mirabil guerra,
dove del vivo ebbe vittoria il morto!),
però che ’l sacerdote
disse a la figlia tua: — Quètati, ninfa,
ché «campar per altrui
non può chi per altrui s’offerse a morte».