Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/192

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Ed ecco i’ te la cheggio:

s’a me far non la vuoi, falla a te stesso,
ché, Mirtillo uccidendo, ingiusto sei.
Montano. E come ingiusto son? Fa’che t’intenda.
Carino. Non mi dicesti tu che qui non lice
sacrificar d’uomo straniero il sangue?
Montano. Dissilo, e dissi quel che ’l ciel comanda.
Carino. Pur quello è forestier che sacrar vuoi.
Montano. E come forestier? Non è tuo figlio?
Carino. Bastiti questo, e non cercar piú innanzi.
Montano. Forse perché tra noi noi generasti?
Carino. Spesso men sa chi troppo intender vuole.
Montano. Ma qui s’attende il sangue e non il loco.
Carino. Perché noi generai, straniero il chiamo.
Montano. Dunque è tuo figlio, e tu noi generasti?
Carino. E, se noi generai, non è mio figlio.
Montano. Non mi dicesti tu eh’è di te nato?
Carino. Dissi eh’è figlio mio, non di me nato.
Montano. Il soverchio dolor t’ha fatto insano.
Carino. Non sentirei dolor, se fussi insano.
Montano. Non puoi fuggir d’esser malvagio o stolto.
Carino. Come può star malvagitá col vero?
Montano. Come può star in un figlio e non figlio?
Carino. Può star figlio d’amor, non di natura.
Montano. Dunque, s’è figlio tuo, non è straniero;
e se non è, non hai ragione in lui.
Cosi convinto se’, padre o non padre.
Carino. Sempre di veritá non è convinto
chi di parole è vinto.
Montano. Sempre convinta è di colui la fede,
che nel suo favellar si contraddice.
Carino. Ti torno a dir che tu fai opra ingiusta.
Montano. Sopra questo mio capo
e sopra il capo di mio figlio cada
tutta questa ingiustizia.
Carino. Tu te ne pentirai.