Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/25

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Linco. Uomo sono, e mi pregio

d’esser umano; e teco, che se’ uomo,
o che piú tosto esser dovresti, parlo
di cosa umana; e, se di cotal nome
forse ti sdegni, guarda
che nel disumanarti
non divenghi una fèra, anzi che un dio.
Silvio. Né si famoso mai né mai si forte
stato sarebbe il domator de’ mostri,
dal cui gran fonte il sangue mio deriva,
s’e’ non avesse pria domato Amore.
Linco. Vedi, cieco fanciul, come vaneggi!
Dove saresti tu, dimmi, s’amante
stato non fosse il tuo famoso Alcide?
Anzi, se guerre vinse e mostri ancise,
gran parte Amor ve n’ebbe. Ancor non sai
che, per piacer ad Onfale, non pure
volle cangiar in femminili spoglie
del feroce leon l’ispido tergo,
ma, de la clava noderosa in vece,
trattare il fuso e la conocchia imbelle?
Cosi de le fatiche e degli affanni
prendea ristoro, e nel bel sen di lei,
quasi in porto d’Amor, solea ritrarsi,
ché sono i suoi sospir dolci respiri
de le passate noie e quasi acuti
stimoli al cor ne le future imprese.
E come il rozzo ed intrattabil ferro,
temprato con piú tenero metallo,
affina si, che sempre e piú resiste
e per uso piú nobile s’adopra;
cosi vigor indomito e feroce,
che nel proprio furor spesso si rompe,
se con le sue dolcezze Amor il tempra,
diviene a l’opra generoso e forte.
Se d’esser dunque imitator tu brami