Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/66

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non so quel ch’e’si sia. Tu vuoi ch’i’t’ami,

e t’amo quanto posso e quanto intendo.
Tu di’eh’io son crudele, e non conosco
quel che sia crudeltá, né so che farti.
Dorinda. O misera Dorinda! ov’hai tu poste
le tue speranze? onde soccorso attendi?
In beltá che non sente ancor favilla
di quel foco d’Amor, ch’arde ogn’amante.
Amoroso fanciullo,
tu se’pur a me foco, e tu non ardi;
e tu, che spiri amore, amor non senti.
Te, sotto umana forma
di bellissima madre,
partorí l’alma dea che Cipro onora;
tu hai gli strali e ’l foco:
ben sallo il petto mio ferito ed arso.
Giugni agli òmeri l’ali:
sarai novo Cupido,
se non c’hai ghiaccio il core,
né ti manca d’Amore altro che amore.
Silvio. Che cosa è questo amore?
Dorinda. S’i’ miro il tuo bel viso,
amore è un paradiso;
ma, s’i’ miro il mio core,
è un infernal ardore.
Silvio. Ninfa, non piú parole:
dammi il mio cane ornai!
Dorinda. Dammi tu prima il pattuito amore.
Silvio. Dato non te l’ho dunque? (Oimè, che pena
è il contentar costei!) Prendilo, fanne
ciò che ti piace. Chi tei nega o vieta?
Che vuoi tu piú? che badi?
Dorinda. (Tu perdi ne l’arena i semi e l’opra,
sfortunata Dorinda!)
Silvio. Che fai? che pensi? ancor mi tieni a bada?
Dorinda. Non cosi tosto avrai quel che tu brami,
che poi mi fuggirai, perfido Silvio.