Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/76

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Amárilli. Ho vergogna.

Corisca. Hai un gran mal, sorella. I* vorrei prima
aver la febbre, il fistolo, la rabbia.
Ma, credi a me, la perderai tu ancora,
sorella mia, si ben; basta una sola
volta che tu la superi e rinieghi.
Amárilli, Vergogna, che ’n altrui stampò natura,
non si può rinegar, ché, se tu tenti
di cacciarla dal cor, fugge nel volto.
Corisca. O Amárilli mia, chi, troppo savia,
tace il suo male, alfin, da pazza, il grida.
Se questo tuo pensiero avessi prima
scoperto a me, saresti fuor d’impaccio.
Oggi vedrai quel che sa far Corisca.
Ne le piú sagge man, ne le piú fide
tu non potevi capitar. Ma, quando
sarai per opra mia giá liberata
d’un cattivo marito, non vorrai tu
d’un buon amante provvederti?
Amárilli. A questo
penseremo a bell’agio.
Corisca. Veramente
non puoi mancare al tuo fedel Mirtillo.
E tu sai pur s’oggi è pastor di lui,
né per valor, né per sincera fede,
né per beltá, de l’amor tuo piú degno.
E tu’l lasci morire (ah troppo cruda!),
senza che dir ti possa, almeno: — Io moro?
Ascoltalo una volta.
Amárilli. Oh quanto meglio
farebbe a darsi pace, e la radice
sveller di quel desio eh’è senza speme!
Corisca. Dágli questo conforto anzi che moia.
Amárilli. Sará piuttosto un raddoppiargli affanno.
Corisca. Lascia di questo tu la cura a lui.
Amárilli. E di me che sarebbe, se mai questo
si risapesse?