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Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore I.djvu/176

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154 il secolo che muore


ne parlasse (e ne parlava con moltissimi) non rifiniva mai di levarlo alle stelle; e a dire il vero non senza ragione, chè il giovane si mostrava stupenda mente perito nell’arte dei numeri, come quello, che con amore pari al profitto aveva studiato nella Reale Accademia di Torino. Ogni azione del giovane pareva tirata a filo di sinopia; esatto, accurato, non si stancava mai; il lavoro gli serviva di alimento.

Oltre queste doti, altre e più pregevoli di mente e di cuore possedeva il giovane, di cui lo zio cortese disegnò fare capitale: ritraendo non poco dalla sorella Eponina si poteva dire bello, però alquanto più pallido e più pensoso di lei; di rado lo guance e i labbri gli allietavano una sfumatura di vermiglio e di riso: poco parlante, di voce soave, modesto e servizievole quanto altri mai: accadeva con lui cóme sovente succede con le persone simpatiche, voglio dire che, quantunque ci si parino la prima volta davanti, pure le ti paiono conoscenze vecchie. Aggiungi modi gentileschi, un zinzino contegnosi co’ superiori, ma affabilissimi cogli inferiori. Presentato in parecchi ritrovi, ben presto strinse amicizia coi giovani più eleganti della città: dai babbi accolto volentieri, dalle mamme anco più; per lo ragazze non ora venuto anche il tempo: in una parola la sua curva ascendentale pel cielo della buona società procedeva pari a quella della luna pel fir-