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332 il secolo che muore


spero, di cui gli occhi s’incontrano per lo appunto co’ suoi. Gaspero, nel presagio della mala parata, s’industria sguizzare, volta la persona di scancio e prende a camminare di traverso, a mo’ dei granchi; ma Curio dietro; insieme essi vanno su per le scale, insieme per le anticamere, insieme pei corridoi, dove l’uno lascia l’orma l’altro mette il piede, finchè Gaspero giunto all’uscio della stanza del suo padrone, quivi si ferma e sta. Sopraggiunge Curio, che gli domanda:

— Dov’è il tuo padrone?

— Non sono obbligato a risponderle.

— Levati di costi e lasciami passare.

— Io non mi muovo e non la lascio passare.

— No?

L’uscio della camera schiantato dagli arpioni si apre strepitosamente, e ruzzolano in un fascio sul tappeto insieme attaccati Gaspero e Curio.

Ludovico, comecchè desto, stavasene supino a letto, senza neanche il refrigerio del poeta Berni, il quale in quel medesimo atto per passare la mattana contava i travicelli del soffitto, perchè il palco della camera appariva stoiato e dipinto con uno stormo di amori, i quali tiravano a segno sopra l’ospite come per avvezzarlo con la miaaccia dei loro strali agli altri più pungenti che l’oste gli apparecchiava coi suoi conti; al rumore del tracollo egli saltò giù da letto e, dopo rampognato acerba-