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capitolo i. | 57 |
tornano oscillando al punto dove la necessità li costringe; tanto più il cuore, in quanto gli fanno forza molte e diverse passioni incrostate, per così dire, nello essere suo; però che ora ceda alla vendetta, ed ora alla cupidità, talvolta alla vanità, tal’altra alla superbia, e così via, le quali passioni tutte spesso procedono nel medesimo individuo non già alla spicciolata, bensi congiuntamente.
Così Omobono, nato falco e vissuto sparviere, entrando nel cammino della onestà parve un pulcino dentro la stoppa; sopportava fatica da sudare acqua e sangue; a mantenersi saldo sulla via del galantuomo sentiva proprio dolore quanto e più ne pativa l’uomo condotto a sostenere il giudizio di Dio delle braccia aperte in croce, finchè durava la messa.
Nella insolita scalmana di affetto verso la figlia e il nipote, che mai non disse e non fece Omobono! Donò ad Isabella tante gioie pel valsente di oltre trentamila lire; volle costituirle la dote di ben oltre quattrocentomila; il neonato, ben intesi, doveva esser suo, propriamente suo, e però erede di quanto egli si trovava a possedere nel mondo. Lasciasse, per amoro di Dio, Marcello quei suoi tisicuzzi negozi, dove assottigliandosi anima e corpo avrebbe raggranellato una dozzina di mila franchi per anno: pensiero suo sarebbe stato di avviarlo per modo che, senza un suo risico, dodicimila lire le avrebbe guadagnate in un bacchio baleno: si lasciasse fare!