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| capitolo xi. | 169 |
— Perchè? rispose sorridendo mesto il Garibaldi; forse ogni luogo non è buono per morire?
— No, che non è buono, soggiunse il maggiore, perchè qui si tratta salvare un cannone, quindi se tale ha disposto la fortuna, qui devono morire coloro che hanno in custodia i cannoni: voi, che avete in custodia lo esercito, dovete trovarvi colà dove si tratta salvare o perdere l’esercito, e salvarvi o perire con lui.
— Lasciatemi in pace.
— Mi punirete più tardi, ma intanto voi, Generale, non mi potete impedire di portarvi via di qua.
Il Garibaldi udendo sì fatte parole si leva in piedi, guarda a stracciasacco il maggiore, ma poi cagliando torna a giacersi, e stride piuttosto che favelli:
— Fate quello che volete.
Sollevatolo sotto le ascelle, lo rimisero in legno e continuarono la via per a Tiarno.
Avete mai veduto un vascello a tre ponti in mezzo al mare in burrasca? Cotesto Leviatan dell’Oceano sbattuto dalla procella ecco abbassa la prua fino a tuffare tagliamare, bompresso e polena, sicchè sembra che ormai stia per iscomparire nello abisso delle acque: di un tratto si rialza col garbo dell’alcione che ha bevuto e vola sulla cresta dei cavalloni, domando la forza materiata con la forza dello intelletto. Lo avete veduto? Ebbene, proprio
