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e teco scenda in locanda, ti si assida a mensa e ti rincalzi a letto.

— E dove, Eponina mia, ti parrebbe che noi avessimo a condurci? con mal celata ansietà domandava Lodovico.

— Io ci lio pensato su, e giudico che sarà il meglio metterci addirittura in cammino per Pietroburgo.

— A Pietroburgo? Misericordia! E con quale viatico ci metteremo in cammino?

— Di questo non ti dare pensiero, Ludovico, ci provvederò io.

— E a Pietroburgo come faremo a camparci?

— Non te ne dare pensiero, provveder© io dando lezioni di cauto e di suono.

— Ma come ti auguri formarti da un punto all’altro la clientela? Non conosciamo il paese, non conosciamo la lingua.

— Chi ti ha detto che io non conosco la lingua russa? Io la parlo e la scrivo.

— E dove tu l’hai appresa, burlona?

— Io l’ho appresa qui nelle serate che mi lasciavi sola; sul primo mi metteva paura, ma poi l’ho rinvenuta alla prova facile a ritenersi, quanto soave a favellarsi; che vuoi tu che io ti dica? La tedesca mi è riuscita due cotanti più dura.

E queste furono trafitte all’orgoglio di Ludovico, il quale rispose: