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capitolo xiii. | 261 |
l’amor suo ad Eponina, veruno volle torne lo incarico. La voce ci si rifiutò recisamente; e gli occhi traverso le lenti (il principe costumava portare occhiali) non paiono per ordinario buoni conduttori di calorico amoroso: i vetri possono fare ottima prova per accendere l’esca, non già i cuori: finalmente, non sapendo il povero principe che pesci pigliare, argomentò modellarsi sopra parecchi quadri da lui ammirati in Francia ed in Italia, dove pittori valorosissimi dipinsero i ritratti di personaggi illustri genuflessi ai piedi delle Madonne, o dei Santi protettori. Basti rammentare per tutti il voto di Luigi XII dipinto dall’Ingres ed inciso dal Calamatta. Importante, mentre Eponina se ne stava un dì seduta al suo pianoforte, il principe, cheto cheto, le s’inginocchia dietro la sedia a mani giunte, col naso insinuato fra mezzo queste, a guisa di segno dentro le pagine di un libro, e gli occhi chiusi in atto di devota meditazione.
Vi chiedo licenza di buttarvi là in quattro schizzi il bozzetto di questo russo dabbene. Comincio coll’avvertirvi che per russo poteva sostenersi bell’uomo; una maniera di Apollo tagliato coll’ascia dai Druidi; portava occhiali, e l’ho già detto, ora aggiungo ch’egli erano di oro, i quali intorno alle sue tempie parevano una corona; le tempie poi comparivano di un bel colore di terra cotta, sicchè unendo la terra cotta con quelli occhiali d’oro tu