Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore II.djvu/293

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capitolo xiii. 295


dall’uragano, gitta in mare l’ancora della speranza, però che una voce interna le andasse sussurrando ch’ella si sarebbe salvata o perduta con lei; quanto l’arte può suggerire di più arguto si adoperò da essa per incastrare la sua voce fra nota e nota e far comparire magistero la velatura dei tuoni, odiata sequela della infermità; breve, esultò nella fiducia di essere giunta a raccogliere i raggi sparsi dell’antica sua gloria.

Però gli studi della musica non la occuparono soli in cotesto scorcio della sua vita, bensì attese a vendere con reputazione quanto l’era rimasto di gioie, parte rinvestendo in rendita pubblica a benefizio della sua orfana e parte mandando in sollievo della famiglia.

La sua voce operò i consueti portenti; il pubblico si sentì come travolto in un vortice di piacere; Eponina riconobbe il genio tornare a batterle con le ale le tempie ed inondarle col suo fuoco le arterie. Ormai dimentica di ogni passato affanno, fidando pienamente sopra la sua salute, volle per la sera veniente cimentarsi da capo alla prova.

Ma nella sera successiva la voce a un tratto le si ecclissò; ogni sforzo fu vano; le si strinse la gola, mentre il cuore con tremendi palpiti le sobbalzava. In capo a due giorni di riposo le parve esserle tornata la voce più gagliarda che mai; e poichè la strana intermittenza, invece di scemarle,