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88 il secolo che muore


di vile, quella che più rincresce è di millantatore: la vanteria è il sole della Francia, lasciamo che a cotesta fascina si scaldino i francesi. Ascolti: dopo essersi fatto aspettare un pezzo, il raggio della luce dall’alto dei colli si versò giù per le valli, e la faccia del Garibaldi splendeva come quella del sole. Inoltriamo i nostri passi sulla terra italiana, egli disse, e senz’altre parole spinse una colonna comandata dal maggiore Castellini al ponte del Caffaro, allora confine fra la Lombardia ed il Tirolo: bello di speranza e di generosità, egli bandiva ai volontari la virtù dello esercito, la prodezza del re; la vittoria già conquistata nelle contrade venete; la necessità di correre traverso le armi austriache, per giungere in tempo a stringere la mano dei fratelli sopra i campi gloriosi di battaglia1, e precisamente in quel punto l’austriaco ricacciava, voi lo sapete, il nostro esercito di qua dal Mincio, e il re, prudentissimo guerriero, si serbava a migliori fortune affidato alle groppe del suo cavallo.

Non così il Garibaldi; e quantunque gli austriaci ci bersagliassero quasi a man salva da luoghi da

  1. «Il prode esercito ha corrisposto degnamente alla fiducia del re .. esso sta cacciando davanti a sè il nostro secolare nemico, e sul suolo rigenerato della Venezia già si stringono le destre, il glorioso milite della libertà ed il liberato fratello.» Ordine del giorno del generale Garibaldi (21 giugno 1866).