Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore II.djvu/89

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capitolo x. 91


sudore; credevamo vinto ogni intoppo, e ci ingannammo; però che là, dove il monte svoltando a levante sembra che chiuda ogni adito al passeggiero, ci attendessero gli austriaci riparati da formidabili ridotti; se gl’istrumenti erano pronti a sonare, e noi non meno vogliosi di ballare. Qui dicemmo: aut aut, o l’audacia e la celerità ci salvano, o nulla ci salva; si avventa un battaglione come un maroso; e come un maroso respinto dalla scogliera si ripiega lacero e fremente; ne subentra un altro, un altro poi, sempre con valore ed infortunio pari; si sdrucciolava nel sangue; l’anelito fumoso dei petti lacerati impregnava l’aria, sicchè respiravamo una nebbia sanguigna. 11 Garibaldi, tutto avvampato nel sembiante, si tuffa dentro la mischia, più che da capitano, da soldato: di repente balena e sparisce, che una palla lo ha ferito in una coscia. Un urlo spaventoso si mescolò al ruggito del tuono, allo strepito delle armi da fuoco, e tutto vinse; ma il Garibaldi, tocca appena la terra, si leva, e fasciato alla meglio, si adagia sopra una barella e sta nel mezzo della battaglia. Il Garibaldi non parlava, guardava i volontari, e basta; anzi ce n’era di troppo, però che lo sguardo del Garibaldi tolga all’anima ogni viltà, come l’acqua lava il corpo da ogni sozzura: finchè egli ti guarda, la codardia non si attenta accostarsi a te... finchè il suo sguardo dura, tutti si sentono eroi. Ma egli non poteva tro-