Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore III.djvu/123

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capitolo xvii. 121


stino, se fuggisti traverso una maglia dalla rezzola che ti gettarono addosso per pescarti marito, guai a te, annegati; arringando davanti a loro tu farai condannare in galera a vita la stessa innocenza. All’opposto, se il difensore va ai versi al giurato, che importa che dieci testimoni concordi attestino de visu? Che importa perfino che l’accusato confessi avere ucciso un uomo? Che se i cerusichi fiscali riferiscano averlo sparato? I giurati a muso duro sono fantini da sentenziare che non è vero nulla, che il morto non è morto in virtù della parola cabalistica: non consta. Come! Noi altri, che fino da piccini andammo a scuola per imparare a rendere giustizia, su dieci volte sbagliamo nove; ed essi presumono avere la scienza infusa? Eh! via, ognuno faccia il suo mestiere; tractent fabrilia fabri; non confondiamo le carte da tarocchi con quelle da bambara, nè la manteca co’ tartufi; i giudici sieno giudici, i sacerdoti sacerdoti, cuochi i cuochi, i nobili nobili: in conclusione, il mondo rimanga diviso in classi, in ceti, in professioni, in condizioni, e stati, arti e mestieri, e se io comandassi lo vorrei distinto in colori come usano lassù nella China. Bel gusto, in fede di Dio, stillarci ad ammannire un pranzo di cinque o sei serviti, per farne poi lui buglione prima di metterci a tavola! Tale nei suoi pincipii e nei suoi effetti tu proverai circum circa la diavoleria, della