Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore III.djvu/405

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capitolo xix. 403


vellato lavoro notturno e diurno a racimolare i trentatrè soldi ad Omobono e a provvedere il cibo a due persone, se condannava al digiuno: e siccome la povera cieca non avrebbe sofferto nutrirsi mentr’ella si struggeva d’inedia, il suo cuore di donna e di madre le suggerì, un pietoso inganno, il quale fu questo: mentr’ella sedevasi a mensa con la cechina, batteva del cucchiaio in fondo alla scodella, e recatoselo allo bocca, con le labbra mandava il suono di chi sorbisce materia liquida; e così dando ad intendere che mangiava, incoraggiava Eufrosina a saziarsi senza sospetto.

Ormai ho risoluto di non incomodare più gli angioli con le mie similitudini, però che mi accorgo che anch’essi stanno in bilico di dare la capata nella bottega del rigattiere, ma io credo (e quest’altra è roba che nella bottega del rigattiere non capiterà mai) che solo Gesù, in un trasporto divino, avrebbe saputo trovare così gentile atto di amore.

È facile immaginare come non corressero troppi giorni che la fatica incomportabile e lo scarso nutrimento condussero Isabella a tale, che appena poteva reggersi in piedi; sovente non vedeva gli oggetti interi, all’opposto, la più parte annegati nel fuoco; le frizzavano i nepitelli di cocente ardore; non più bianca la congiuntiva degli occhi, bensì chiazzata di sangue, e tuttavia si fece coraggio per istrascinarsi fino al mercato a procacciare quel