Vai al contenuto

Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore III.djvu/408

Da Wikisource.
406 il secolo che muore


corse e lo raggiunse a mezzo la prima scala: qui gli pose la mano al petto e gli disse:

— Rendimi il cibo di quella povera creatura.

Omobono, visto il balenare degli occhi della donna, la rigidità della membra e il coltello che per caso l’era rimasto nelle mani, ebbe paura; feroce ad un punto e codardo come sempre accade tra i vili; quindi si affrettava a renderle tutto piagnucolando:

— Ed io con che mangio?

Isabella brandi il coltello, ed egli atterrito saltò giù sul pianerottolo, non tanto presto che Isabella gli potè levare il pane di sotto al braccio, e tagliatolo gliene porse mezzo dicendogli:

— Con questo voi non potete morire. Al tempo stesso, avendo ricuperata la minestra e gli erbaggi, aggimigeva: e se volete la minestra, aspettate che sia cotta.

— All’inferno te e la tua minestra; all’acquavite come ci rimedio? E così favellava, perchè costui aveva fatto assegnamento su mezzo pane e sul riso per rinvestirli in tanta acquavite.

Prego il lettore a riscontrare la osservazione che sovente ho fatto per mio uso, cioè che l’acquavite pei ribaldi tiene il luogo d’Ippocrene pei poeti: dalla prima i tristi cavano gli estri del delitto, imperciocchè anche ai perduti quel rompere la legge metta un zinzino di scrupolo, ed un zinzino più quelle di natura; dopo avere eccitato gli estri del