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92 il secolo che muore


si mostrava lungo e disteso come lo spinoso bagnato dall’acqua calda, ed ora si raggruppava di minuto in minuto come cotesto animale, se ascolti latrarsi vicino il cane; e non aveva torto, perchè diversamente la sterminata famiglia delle fameliche formiche lo avrebbe ridotto pulito più di un Cristo di avorio. I giornalisti, il di che si trovarono davanti la greppia vuota, presero a punzecchiare ustolando per nuova profenda. La invidia andava attorno affannosa co’ mantici, accendendo il fuoco dove non ci era, e attizzandolo dove già era acceso, sicchè la voce si moltiplicò in voci, le voci diventarono schiamazzi, e salirono su allagando le aule della Camera, della Reggia, del Senato, dei Consigli e dei Tribunali. La marea del popolo, quando dice davvero, vince in furore quella dell’Oceano, e Probo ed i compari suoi, che da prima se ne ridevano, da un punto all’altro presero a battere i denti per la paura. L’Anussi non si pigliava suggezione di palesare spiattellatamente: gli è vero, e chi lo nega: l’amico Probo mi pagò un milione in premio delle mie fatiche, ma un milione di carta, bene inteso, sul quale, per ridurlo in oro, io scapitai due quinti; dunque, alla fine del salmo, mi entrarono in tasca circa seicentomila lire. O che vi par troppo? Le notti vegliate, i giorni travagliosi, gli studi, le fatiche, i pericoli gli avete fatti e gli avete sofferti voi? E poi ho io forse trappolato il Parlamento? Non gli