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capitolo xxiv. 377

CAPITOLO XXIV. 377

della esecuzione; le responsabilità non doversi confondere; e così giù un diluvio di responsabilità, di responsabilità, responsabilità, e via. Il povero prefetto, lasciato su le secche, pareva l’asino di Buridano messo in mezzo a due stacci di biada; di un tratto gli venne una ispirazione dall’alto: sospendere ogni arresto e intanto avvertire il ministro a rotta di collo; in cotesta maniera gli parve gratificarsi il ministro per la prova di deferenza che gli dava e scansare il pericolo: — due colombi a una fava!

E’ fu un gran correre e ricorrere di scintille elettriche lungo i fili metallici del telegrafo, un tremolare affannato di lancetta, un picchiamento irrequieto sopra la tastiera, una grandine di responsi, che parevano piovuti dal cielo. Il prefetto se ne stava mogio mogio, come una gallina bagnata messa sotto il corbello perchè le passi la voglia di covare, fino all’ultimo dispaccio ministeriale in cui si approvava il suo operato; si abbuiasse il caso; si facessero partire i contumaci sotto la malleveria del rappresentante della Unione; viaggiassero, bene inteso, a proprie spese; non li vedesse il sol novello in Argo; intanto sottilmente e segretamente si vigilassero; con anima viva non conferissero.

Poichè di tanto fu certificato il prefetto, sentì come un pane di piombo cascargli giù dallo stomaco, per l’allegrezza spiccò un salto, diede un trillo,