Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, I.djvu/16

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tanta, quantunque fosse accolta senza contrasto là dove si trattava della reputazione della vita di un uomo! E ciò dimostra apertamente due cose; la prima, che la legge nel mondo di là apprezzava la fama e la vita degli uomini meno di settantuna lira (e questo accadeva nei paesi cristiani e civili, dove gli uomini apparivano tinti di bianco, imperciocchè nelle terre dei barbari idolatri colorati di nero il pregio dell’uomo da dugento scudi salisse fino ai quattrocento); la seconda, che su la probità dell’uomo, oltre alle lire settantuna, non ci si poteva contare... Supposti entrambi falsissimi, imperciocchè messo da parte il cuore, qual cervello di scrivano politico ai tempi nostri, di compilatore di storie, o vogli memorie storiche, fossero anche quelle del marchese Filippo Gualtiero da Orvieto, nel sottosopra l’uno per l’altro non si valutava settanta lire e dodici soldi?

— Ma io non mi vo’ ingarbugliare tra mezzo a tante procedure: ripiglio il mio. —

— E dàlli, con questo mio! esclamava il terribile cappellano. Ma sai tu che ci vuole proprio una faccia da batterci sopra