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Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, I.djvu/175

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finita di vizii, questi a cagione di una infermità, la quale con rispetto parlando, si chiamò tigna. L’uomo, secondo il solito, invece di trarne argomento di compassione pei suoi fratelli vi trovò materia per istraziarlo e dirgli vituperio: questa ingiura poi sembra, che suonasse acerba, per quanto giudico dal caso successo ad Eliseo, il quale mentre saliva in Betel udendo una frotta di monelli schiamazzargli dietro: zuccone, zuccone! tuttochè profeta fosse ed uomo di Dio, lo pigliò tale una rapina, che fatti uscire dalla prossima selva due Orsi gli incombensò di scannarne acconto quarantadue99. A vero dire questo castigo, per uomo che faceva professione di santimonia, parve un tantinetto avventato; in quanto a me, che pure per parte di quei tristi ebbi a provarne delle bigie e delle nere, mi sarei contentato di meno: un cavallo e basta. Se però fu giusto tutelare dalle intemperie il petto, il ventre e le altre parti del corpo umano, doveva comparire del pari onesto difendere la calvezza con la parrucca; anzi più; avvegnadio la parrucca impedisca la infermità che venga, e venuta cacci via; la parrucca preservi la cupola del tabernacolo dove il pensiero abita di Dio; la parrucca sola sia capace a contendere con la morte; ella e non altri valga a rincorrere gli anni scappati ed agguantatili per la coda strascinarli indietro e costringerli a fermarsi per alcuno