Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/170

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di battaglia e di quell’altro degli assassinati che, fresco ancora su le selci della città, domandava vendetta, nè l’albo degli spenti per la Patria svelto alla preghiera del santuario, nè il pudore dei mesti che intisichiscono l’anima nello squallido esilio, nè le memorie del truce morbo che scuote le catene e spera romperle, nè il senso delle presenti miserie già gravi, nè il presagio delle future gravissime, dissi fra me: io voglio essere appeso alla prima fune che incontro se l’anima del patriarca Giacobbe non è giunta a Firenze per la ferrovia e, salita su la torre del palazzo Vecchio, non ha rinnuovato sopra questo popolo con la pala la benedizione che compartiva una volta al suo figliuolo Issacar.

Proseguo a esporre gli onori tributati alle Bestie. Caligola, come sai, volle promuovere il suo Cavallo Incitato a consolo, e tu comprendi, Sire, che là dove Caligola impera o Tiberio od anche Claudio tiranno imbecille e insanguinato, se i consoli e i senatori non appaiono di peggiore razza che di Cavalli, la è grazia di Dio.

Nerone, per testimonianza di Sifilino244, gratificava di toga senatoria i Cavalli usciti vincitori dal circo, volendo in certo modo significare che un Cavallo con la toga addosso si può scambiare con un senatore; e il medesimo senza scrupolo di coscienza tu puoi asserire dell’Asino; imperciocchè a prova