Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/262

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«austriaca scartata gli paia auspicio di sicura vittoria; se una parola indigena raccolta su la bocca del popolo gli venga gradita come una conquista; se il tesoro antico di rancore, di disprezzo, di abborrimento e di fastidio non potendo rovesciare sul nemico minaccioso e presente, lo avventino almeno contro le parole, le sillabe, le locuzioni, le frasi, le lettere stesse, con le quali gli odiatissimi barbari il materno idioma deturparono e appestarono? Chi si ammirerà, che una gente da tanti anni infrenellata e imbavagliata cancelli come a sfregi di doloroso servaggio il vocabolario imposto dalla dominazione straniera e cacci via perfino il suono della voce e le maniere della pronunzia degli oppressori360

Così italiani uomini da secoli in bando dalla Patria al materno idioma furono pii; spietati e crudeli i rimasti a casa. Come nell’uomo la vita che fugge si ritira al cuore per sostenere quivi l’assalto della distruzione, la libertà del popolo cacciata altrove si restrinse nella lingua. Se la tirannide imperversa bestiale, potete simile alla lampada di Gesù in segreto sotto il moggio alimentare la vostra lingua di casti pensieri e di sensi magnanimi, finchè non torni improvvisa a splendere sul candelabro; dove poi la tirannide non lo contenda, drappellategliela stietta e vermiglia di carità patria