Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/41

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Libertà. I popoli nostri attendevano poco a coteste dottrine, pure qualche cosa ne subodoravano e solo che questo benedetto giorno di Pace, di Religione e di Libertà una volta spuntasse non istavano a guardarla tanto pel sottile: dei savii alcuni come rovesciati sottosopra trasecolavano; usi per le tradizioni della sapienza italica174 a considerare la corte di Roma eterna piaga della Patria non si davano pace come di punto in bianco le quercie avessero a partorire limoni, e quinci innanzi il mele dovesse raccogliersi di su le spine; dove sarebbe andato a mettere capo cotesto erpicarsi pei trabiccoli giobertiani non sapevano o piuttosto sapevano e deploravano; altri o per frivola indole o amore del paradosso o talento di novità o per quale altra causa gli movesse, alle teorie del Gioberti andavano in uzzolo. Miserabile a dirsi! Fra questi tale, che fama ebbe fra i Toscani di prudentissimo e che io udii proverbiare il Gioberti così, che peggio non fecero Bruno e Buffalmacco del Calandrino giù per lo Mugnone.

— A compimento dei vaticinii giobertiani e delle miserie d’Italia, dopo un Conclave, che la paura, accorto a brevità inconsueta, apparve e quasi mandato da Dio (e di vero si chiamava Giovanni) un sacerdote, che la fama circondava d’infinita aspettazione. La faccia sua era faccia di