Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/149

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dusse incolume l’uomo fuori del deserto impervio, dove da più giorni piuttosto perduto che smarrito aggiravasi. Più mirabile a dirsi l’Aspide, quotidiano commensale di certo Satrapo; udendo come uno dei suoi figliuoli o figliuole che fossero, avesse dato la morte al primogenito dell’ospite, in vendetta della violata ospitalità e della ingratitudine in prima uccise il reo e poi vinto dal pudore si tolse bando volontario dalla casa desolata490.

Appio Giunio e Publio Silvio consoli, fu condannato a morte Tizio Sabino con tutti gli schiavi, così comandando Nerone: il Cane di un servo raccolto randagio e curato del cimurro da lui lo seguitò in carcere, condotto alle Gemonie gli tenne dietro e, comecchè ormai lo avessero morto, non si dipartiva pur sempre lamentandosi al suo fianco: avendogli certo passeggero, gittato un tozzo di pane, egli, sebbene sentisse rifinirsi dalla fame, lo prese e recollo su la bocca del padrone pensandolo vivo; e quando lo traboccarono nel Tevere vi si slanciò ancora egli, sottentrando al cadavere e con, ogni possa adoperandosi a sostenerlo a fior di acqua: spettacolo di pietà non solo alla moltitudine, bensì agli stessi cagnotti del tiranno491.

Di ricontro io pongo la ingratitudine di Lucio Settimuleio: privatissimo costui di Caio Gracco e con ogni maniera di benefizii