Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/192

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sete in Italia: egli disperato fino a volersi lasciare perire d’inedia, e già per quatriduana astinenza la morte padrona di molta parte del corpo di lui: la strage delle legioni di Varo, la maestà sua vilipesa, il repudio di Agrippa postumo dopo di averlo adottato, e prima bandirlo e poi desiderarlo invano: quinci il sospetto di Fabio rivelatore dei segreti, quindi le cure cocenti per le trame di Livia e di Tiberio: insomma, per colmo di mali, questo Dio, cui troppo corrivi spalancarono gli uomini le dimore del cielo, moriva succedendogli erede un figliuolo del suo nemico541. — E forse tutto questo non pareggiò il rimorso e l’avvilimento di avere spento la Libertà senza stabilire in casa sua la tirannide; fondato il dispotismo non mica, com’egli credeva, sopra le rovine della Repubblica, bensì sopra quelle del romano impero e del nome latino. Volgari la jattanza e il fato di Creso: meno noti il vanto di Policrate e il tiro che da ultimo gli giocò la fortuna. Costui tiranno di Samo essendo, fu udito lamentarsi della infelicità sua di non potere mai mirare cosa che gli andasse a traverso, onde passeggiando un dì sopra il lido estremo dell’isola, desideroso di sentire qualche dolore, si cavò dal dito uno smeraldo preziosissimo e lo gittò nell’acqua. Il giorno di poi o l’altro appresso i pescatori tirando su le reti presero un pesce mirabile, il quale avendo giudicato degno delle mense reali