Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/194

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felici dei mortali abortivi, doversi estimare i non nati. —

Miserabili gli uomini se in fondo alla ruota della fortuna; più miserabili assai se su la cima in procinto di fare, cadendo, il tomo; di un solo conforto eglino goderono veramente reale, e fu la poesia. In obbrobrio di lei parecchi si avvisarono chiamarla sogno di un uomo desto, ignari o dimentichi come lo intelletto umano sovente fosse divino nei sogni545. La poesia precorse il pensiero di Dio quando pose mano al cielo e alla terra, la poesia sostenne le braccia della natura come Hurr, ed Aronne quelle di Moisè; finchè ebbe a durare nella battaglia contro la distruzione, la poesia insegnò al cuore umano il palpito genitore dei gesti, dei canti e dei pensieri magnanimi; la poesia chiuse con un bacio le palpebre alle stelle defunte. L’abbaco e la poesia io tenni in pregio come il buono e il meglio che uscisse mai dai cervelli umani: entrambi vennero di Asia e dalle terre benedette dal sole a fare fede tra noi, che sente più forte quegli, che calcola più giusto. Gli uomini queste verità come se fossero state fisime scorbacchiarono stupidi, e se abbaco e poesia nacquero fratelli, essi immaginarono che ciò fosse avvenuto a mo’ di Caino e Abele, d’Isacco ed Esaù, di Eteocle e Polinice ed altri cotali. Io veramente tra gli avi e discendenti miei non