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92 Brani di vita

sono morti; ci dicevano senza generosità, e non abbiamo vinto per noi. Questa pianura immensa è seminata delle ossa dei caduti; i vincitori e i vinti dormono nello stesso sepolcro e sulla terra immensa regna sola la giustizia. La battaglia è finita; pace, eterna pace ai morti! Il mio cuore la prega e l’invoca. Non sono curato per niente!

Giù, fumano le ville nascoste tra i frutteti. Oggi si cibano coloro che digiunavano ieri. Ecco le messi d’oro, le viti opime, la prosperità della pace, ed è pur dolce pensare che per questa pace si è fatto qualche cosa anche noi. Quando starò per addormentarmi nel sonno che non ha fine mai, mi voglio far portare a quella finestra là, voglio dare un’ultima e lunga occhiata a questa terra che altri maledisse e noi benedicemmo, a questa patria dei miei affetti, dove nacquero i miei figli nello spirito, dove riposano i miei cari morti nella pace. Con quello sguardo la vedrò tutta, bella, grande, felice, e non mi dorrà di morire in terra di libertà: con quello sguardo voglio darle l’ultima benedizione; non la benedizione del rito scomparso, ma quella del cuore, la benedizione del vecchio che abbandona la vita sereno, senza dolore e senza rimorsi. Poi mi seppelliranno sotto una pietra bianca qui, all’ombra delle querce, ed i fringuelli faranno i nidi a primavera tra i rami, e nelle notti serene canteranno i rosignoli nei cespugli di rose. Quelli che ora sono bimbi, diverranno uomini, e passando di qui, guarderanno la mia pietra coperta di fiori selvatici e di muschi morbidi e diranno: Povero curato! Era un galantuomo e ci ha voluto bene!