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LA PROPRIETÀ LETTERARIA

Eran già i versi ai poeti rubati,
     Com’or si ruban le cose tra noi....
     A me quei d’altri son per forza dati
     E dicon tu gli arai, vuoi o non vuoi.
                         Berni



Così diceva il Berni alcuni secoli addietro, quando la proprietà letteraria era ancora nella mente del Signore Iddio, o tutt’al più era rappresentata dai privilegi che i Sovrani concedevano agli editori per un numero di anni limitato: e così ci tocca sentire anche oggi da Edmondo De Amicis, non solo derubato del suo, ma caricato per forza di quel d’altri. Dopo tanto gridare intorno alla proprietà letteraria, dopo tante chiacchiere di progresso, di civiltà, di leggi e di diritti, siamo al punto in cui si trovava il Berni: che anzi i tempi suoi possono invocare come attenuante l’assenza dei codici, dei Procuratori del Re, e delle guardie di pubblica sicurezza. E poi andate a negare il progresso!

In questa settimana stessa, la Corte d’Assise di Bologna condannò a due anni di prigione un tale che rubò dieci galline: che anzi i Giurati, teneri di cuore come sono, ammisero le circostanze attenuanti;